1. Cristo rifiuta la tradizione.

L’incontro avvenuto tra la donna samaritana e Gesù al pozzo di Giacobbe, nei pressi di Sicar, nel territorio di Samaria, sicuramente non era stato casuale. Quest’antico pozzo ancora in uso, lasciato in eredità dal vecchio patriarca, tiene nascosto una metafora, più di una lezione. Cercherò di portarli alla luce.

Sappiamo che la donna, abituata ai ritmi comuni della sua quotidianità, si avvicinò al pozzo per attingere la quantità di acqua che le necessitava per il suo bisogno giornaliero. Non sapeva che là c’era uno sconosciuto, in sua attesa seduto sul muretto, che l’avrebbe coinvolta poco alla volta in un dialogo di fede molto profondo e, per certi versi, per lei inquietante.. Gesù, da buon maestro, sa aspettare, non preme l’acceleratore, ma si mette a instaurare un dialogo normale con lei chiedendole dell’acqua da bere. «Gesù le disse: «Dammi da bere». La donna samaritana allora gli disse: «Come mai tu che sei Giudeo chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?» Infatti i Giudei non hanno relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è che ti dice: “Dammi da bere”, tu stessa gliene avresti chiesto, ed egli ti avrebbe dato dell’acqua viva». La samaritana comprende che lo straniero, parlando a quel modo, dovrà sapere parecchie cose sul regno di Dio e la sua venuta. Accetta con naturalezza il confronto teologico e risponde con un argomento che conosce bene, quello riferito ai padri della fede: Abramo, Isacco, Giacobbe. «Signore, tu non hai nulla per attingere, e il pozzo è profondo; da dove avresti dunque quest’acqua viva? Sei tu più grande di Giacobbe, nostro padre, che ci diede questo pozzo e ne bevve egli stesso con i suoi figli e il suo bestiame?» Gesù le rispose: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò, diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna». Confr. Vangelo di Giovanni 4:4-30.

Con questa risposta Gesù fa tabula rasa di ogni tipo di tradizione, sia essa teologica, apostolica, ecclesiale. Egli trasmette contemporaneamente tre importanti messaggi di cui bisogna tenere conto per non naufragare nella fede.

TRE IMPORTANTI MESSAGGI

1. Buttate via il secchio della tradizione dei padri, non bevete di quest’acqua!

2. Dal serbatoio della tradizione nessuna chiesa può fare fuoriuscire l’acqua viva che dovrebbe dissetare le genti, i popoli.

3. Gesù dice: venite a me perché io sono l’acqua viva che non perisce. Io solo sono l’unica Via che mena al Padre in cielo (Giovanni 14:6).

La donna è impressionata dalla potenza delle parole di Cristo, tutto è nuovo per lei. Verso la fine del colloquio, il racconto biblico ci dice, che “la donna lasciò la sua secchia” e corse al paese per raccontare l’accaduto ai vicini di avere trovato il Messia atteso. Ecco la coraggiosa impresa, la sua, che tutti i cristiani dovrebbero imitare: “lasciare il secchio della tradizione” e correre a raccontare le meraviglie che Dio ha realizzato nella nostra vita da quando lo abbiamo incontrato nella sua Parola, la Bibbia.

Da lunghi secoli la chiesa cattolica reclama l’autorità di possedere solo lei la facoltà di spiegare e interpretare le Sacre Scritture in virtù di essere l’unica depositaria della successione apostolica. Quando non ha argomenti scritturali a sua difesa nel discorso teologico, essa ricorre ai Padri della chiesa (Agostino, Origene, Crisostomo, Girolamo e molti altri). Facendo uso dei loro scritti, attinge come la samaritana, per modo di dire, dall’antico pozzo di Giacobbe, il cui nome fu cambiato in Israele.

Vorrei ricordare agli amici cattolici che Giacobbe, figlio di Isacco, fu quel patriarca che ingannò con uno stratagemma suo fratello gemello Esaù di fronte al vecchio padre  ipovedente, per appropriarsi del diritto di primogenitura con la sua benedizione paterna. Esaù, esperto cacciatore, vendette in un tempo precedente con giuramento a Giacobbe questo privilegio per un piatto di lenticchie (Cfr. Genesi 27:18,19). Il nome Giacobbe significa appunto “il soppiantatore” perché al momento del parto afferrò con la mano il calcagno del fratello gemello Esaù, nato per primo, e quindi erede del diritto e dei privilegi di primogenitura. La sua vita è stata intrisa di vari inganni, dei quali però poi si pentì quando lottò con l’angelo di Dio in una terribile notte (Gen. 32:24-32).

2. La fiction religiosa. Per essere accettata e non fare brutta figura, la chiesa cattolica “finge e recita” quando dice che la Bibbia ha il posto preminente nella predicazione e nelle letture della messa, ma in sostanza è vero il contrario. La Parola di Dio nella messa è un contorno formale, di facciata. Il fulcro, la parte centrale della cerimonia liturgica nella messa, è la distribuzione dell’Ostia consacrata ai fedeli, preceduta dalla presunta transustanziazione dell’ostia in virtù delle parole pronunciate dal sacerdote durante l’elevazione sull’altare. CONTINUA…

3. La riforma protestante. Il tema della contrapposizione tra la Sacra Scrittura e la tradizione ecclesiastica è già stato dibattuto da lunghi secoli già a partire dai pre-riformatori e dai riformatori dopo (I Valdesi 1200, John Wyclif 1378, Jan Huss 1400, Martin Lutero 1517, Giovanni Calvino e altri ancora). Al tempo di Martin Lutero la disputa teologica ha visto la sua esemplare accentuazione di rottura con la Chiesa cattolica nel suo proclamo Sola scriptura, sola gratia, solus Christus, sola fide, soli Deo gloria. CONTINUA…

4. La propaganda cattolica. Ecco la propaganda fatta sulla rivista cattolica Famiglia cristiana: «Mai la Chiesa si allontana dall’insegnamento del Signore; mai insegnerà a noi qualcosa di diverso dal contenuto della Bibbia. Cristo continua a parlarci attraverso il Vangelo e la Chiesa; l’insegnamento che ci viene dato oggi è lo stesso che è stato trasmesso nei duemila anni passati». 

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Il pozzo della verità non è bicanale
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©Pierluigi Luisetti